L'alterazione della qualità delle acque, causata dall'immissione da parte dell'uomo di sostanze che ne modificano le caratteristiche fisico-chimiche impedendone il normale utilizzo, è un fenomeno sempre più diffuso: indica che lo sfruttamento incontrollato e insostenibile della risorsa idrica è arrivato ad un punto di non ritorno, che esclude spesso la capacità da parte dell'acqua di rigenerarsi e autodepurarsi. Certamente queste sostanze, di origine liquida, solida o gassosa, hanno conseguenze diverse sul sistema ecologico e sulle riserve idriche in base alla loro pericolosità, alla loro concentrazione e alla fragilità degli ambienti in cui vengono riversate. Possono essere rilasciate direttamente (è il caso, ad esempio, delle acque reflue versate in un fiume) o indirettamente (il dilavamento del terreno in cui sono contenute sostanze nocive, come quello che si verifica sulle strade soggette al traffico veicolare). La minaccia maggiore riguarda l'inquinamento delle acque sotterranee, fondamentali per la vita dell'uomo: le falde acquifere infatti hanno un ridotto potere depurativo, disponendo di una minore presenza di ossigeno e di un maggior contenuto di anidride carbonica rispetto alle acque superficiali, e mostrano tempi di recupero della qualità originaria lunghissimi.
L'inquinamento idrico può provenire da fonti diverse. Quello agricolo deriva da un uso eccessivo e scorretto di fertilizzanti e pesticidi con cui vengono trattati i terreni. Lo scarico in fiumi, laghi e mari di fertilizzanti chimici, ricchi di fosfati e nitrati, produce condizioni di eutrofizzazione. Più grave ancora è l'immissione nei corsi d'acqua o la penetrazione nel terreno dei pesticidi, quali insetticidi e diserbanti, che essendo poco biodegradabili rischiano di distruggere ogni forma di vita e di contaminare le risorse idriche. Una maggiore attenzione da parte degli operatori agricoli potrebbe ridurre in misura notevole questa forma di inquinamento. Per prevenirlo bisognerebbe limitare l'apporto di nitrati preferendo il letame naturale, diminuire l'impiego di pesticidi e fertilizzanti, introdurre la lotta biologica.
L'inquinamento di origine industriale è legato in primo luogo ai residui di lavorazione. Si verifica generalmente attraverso lo scarico nei corpi idrici di sostanze tossiche e non biodegradabili provenienti dai processi produttivi (metalli pesanti, oli minerali, idrocarburi, ammoniaca, solventi ed altre ancora). Può anche dipendere dalla rottura accidentale di serbatoi o tubazioni convoglianti prodotti inquinanti, anche se in questi ultimi anni normative sempre più stringenti hanno ridotto il numero degli incidenti. Esiste anche un inquinamento termico dell'acqua: le acque di raffreddamento degli impianti infatti vengono prelevate da mari, laghi e fiumi ad una determinata temperatura e, dopo l'utilizzo, restituite ad una temperatura più elevata. Lo sbalzo termico nei corpi idrici recettori causa l'alterazione degli ecosistemi acquatici e la variazione dei processi vitali.
L'inquinamento idrico di origine domestica è prodotto dagli scarichi delle abitazioni che contengono principalmente sostanze organiche e detergenti. Questi scarichi sono raccolti dalle fognature e convogliati ai depuratori per essere trattati, prima di riversarsi nei corsi d'acqua superficiali. Se gli impianti di depurazione non sono efficienti e le acque non vengono trattate, il carico inquinante può risultare eccessivo: in questo caso il rischio è che la capacità autodepurativa propria dell'ecosistema fluviale venga danneggiata o cessi del tutto.
Un'altra rilevante conseguenza dell'inquinamento è il fenomeno delle piogge acide attribuibile all'uso diffuso di combustibili fossili, che incide direttamente sul ciclo dell'acqua. Consiste nella contaminazione dell'acqua piovana da parte di sostanze tossiche presenti nell'atmosfera, con effetti devastanti sulla vita di boschi e foreste a causa dell'alterazione del processo di fotosintesi.